Veicoli elettrici - mobilità - tecnologie - ambiente - energia rinnovabile. L'esaurimento delle risorse e le conseguenti ripercussioni politiche ed economiche rendono necessario ridurre la dipendenza dall'importazione di prodotti petroliferi e spingere quindi verso lo sviluppo di fonti energetiche alternative. I veicoli elettrici possono utilizzare tecnologie e risorse nel modo più efficiente.


domenica 28 settembre 2008

Il ritorno al nucleare è un avvelenamento premeditato

Da alcuni anni è in corso una campagna di rilancio dei programmi nucleari per la produzione di energia. Angelo Baracca, docente di Fisica all’Università di Firenze e collaboratore dell’Università de L’Avana (Cuba), nel suo ultimo libro: “L’Italia torna al nucleare? I costi, i rischi, le bugie”, edito da Jaca Book, ci avverte dei pericoli di un simile ritorno al passato.

Professor Baracca, a quali conclusioni è giunto, attualmente, il dibattito per un eventale ritorno del nostro Paese all’energia nuclerare?
“Nel nostro Paese, il dibattito sul nucleare è stato chiuso ufficialmente dal referendum del 1987, ma alcune ‘lobbyes’ sono tornate a fare pressioni. Il recente annuncio del Governo di una prossima ripresa dei programmi nucleari non giunge del tutto inaspettatto, ma ha comunqe messo in subbuglio tutti gli ambienti interessati e un’opinione pubblica informata in modo assai parziale”.

Che tipo di energia è quella prodotta attraverso il nucleare?
“Quella nucleare ‘civile’ è un’energia che si ricava dalla trasformazione di alcuni ‘nuclei’ di uranio in ‘nuclei’ di plutonio. Si ottiene, così, una reazione altamente energetica che produce due elementi: l’energia effettivamente utilizzabile e le scorie radioattive, le quali costituiscono il problema principale, poiché non possiedono un proprio sito in grado di garantire uno smaltimento sicuro. Ricordiamo ad esempio quanto accaduto nel 2003, quando un’intera regione, la Basilicata, per protesta, si fermò al fine di impedire la realizzazione di un deposito geologico di scorie. Queste, infatti, sono estremamente pericolose per la salute dei cittadini, poiché possiedono tempi di ‘decadimento’ che vanno dai 200 fino ai 24 mila anni. Si tratta, insomma, di un problema che non è mai stato risolto, né in Italia, né tantomeno all’estero”.

Ma qualcuno ha affermato, di recente, che la questione sarebbe superabile tramite i futuri reattori di IV generazione…
“I reattori di IV generazione, che i sostenitori del nucleare ci ‘vendono’ come già pronti, in realtà non saranno utilizzabili sino al decennio 2030 – 2040. Inoltre, hanno costi esorbitanti, che l’Italia non è in grado di sostenere, anche perché comprendono una serie di spese militari a garanzia della sicurezza degli impianti stessi dagli attentati terroristici sommate a quelle destinate allo smantellamento della centrale nucleare quando essa giunge al termine della propria attività. Si tratta di un’impresa difficilmente sostenibile per qualunque industria privata. Di conseguenza, lo Stato si vedrebbe costretto ad intervenire a copertura dei costi, aumentando le tasse dei contribuenti. In breve, il basso costo dell’energia in ‘bolletta’ si vedrebbe ‘compensato’ da forti aggravi fiscali in termini di imposte. E’ pur vero che i reattori di IV generazione sarebbero persino capaci di produrre idrogeno e di dissalare le acque delle zone desertiche. Tuttavia, essi sono soprattutto destinati a sostituire quelli di II e III generazione, ritenuti inefficaci e pericolosi. Nel frattempo, nulla garantisce che avremo le risorse adatte sino a quella data. Consideriamo, ad esempio, l’uranio: l’85% dei giacimenti è in mano a sette compagnie e potrebbe presto esaurirsi. Dunque, non abbiamo tempi certi e, se si assume la decisione di ‘imbarcarci’ in un programma nucleare, per poter ammortizzare i costi non basterà certo la semplice messa in funzione di una o due centrali”.

Le aziende che producono componenti per l’energia nucleare per uso civile molto spesso sono le stesse che producono anche armamenti atomici per fini militari: ciò può comportare un rischio di ‘contaminazione’ tra i due settori?
“Certamente: i metodi di lavorazione si basano su un ciclo ‘tradizionale’ analogo sia per la pruduzione civile che per quella militare. Pertanto, allorquando un Paese decide di sviluppare un programma nucleare, potenzialmente può disporre anche la realizzazione di progetti militari non sempre controllabili dai trattati internazionali di non proliferazione. Dirò di più: più che un rischio di ‘contaminazione’, potremmo trovarci di fronte ad un vero e proprio ‘avvelenamento premeditato’. Attualmente, i due Paesi che hanno accumultato ingenti quantitativi di plutonio sono il Giappone e la Germania”.

A proposito del Trattato di non proliferazione nucleare, firmato nel 1968 ed entrato in vigore nel 1970: secondo lei è ancora un punto di riferimento, in termini di politica internazionale, oppure ha perso la propria valenza?
“Quel Trattato è in vigore ed è cogente, ovviamente. Ma in realtà è stato concepito come un ‘grande compromesso’: gli Stati che non avevano armi atomiche si impegnavano a non produrne in cambio dell’impegno, da parte delle potenze che si erano già dotate da tempo di armamenti nucleari, ad effettuare il proprio disarmo. Si tratta palesemente di un impegno non mantenuto: è come dire che una legge c’è, ma che non viene rispettata”.

Silvio Berlusconi ha definito il referendum elettorale del 1987 contro il nucleare “una sciagura”, perché avrebbe lasciato l’Italia “indietro” rispetto ai programmi energetici degli altri Paesi: lei pensa che ci sarà un altro referendum, in futuro, in merito a questa materia?
“No, credo di no. Anche perché non penso sia importante proporre un referendum, quanto un’informazione e soprattutto una coscienza civile responsabile delle proprie azioni per il benessere di tutti. Io voglio evitare ogni polemica, ma non credo che in questi anni si sia perso del tempo. Anzi, è vero l’esatto contrario: la sperimentazione sui reattori si è dimostrata largamente fallimentare e molto denaro è andato sprecato…”.

Io provengo da una località in provincia di Foggia, Alberona, che ha scelto l’eolico come fonte di energia alternativa, anche se si è trattato di una decisione che ha generato numerosi contrasti tra la locale amministrazione comunale e le diverse associazioni ambientaliste: lei ritiene che una soluzione potrebbe essere quella di una ‘convivenza’ tra distinte fonti di energia?
“Lo escludo categoricamente: innanzitutto, il dibattito sul nucleare rappresenta un discorso a sé, assai lontano dalle altre opzioni. In secondo luogo, ogni ipotesi per uno sviluppo energetico ‘misto’ non prevede che svantaggi. Meglio, a questo punto, investire in altre forme di energia rinnovabile, come l’eolico, il solare ed il fotovoltaico, pur risultando fondata l’obiezione circa i loro costi, che allo stato sono ancora considerevoli. La verità è che, in Italia, è mancata un’autentica programmazione energetica a causa dell’illusione che tutto potesse essere regolato e risolto dal libero mercato”.

Un’ultima domanda: secondo lei, la scienza è responsabile dei grandi problemi dell’umanità?
“Assolutamente sì: è fuori discussione che la tecnologia non possa e non debba fermarsi, ma non bisogna nemmeno adottare la logica del profitto come principale criterio dirimente. Dobbiamo invece imparare a vivere in armonia con la natura, la quale non può essere espropriata del proprio ruolo. Solamente così potremo riuscire ad ottenere, un giorno, il migliore dei mondi possibili”.

Fonte : laici.it

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